Gli investitori sono tutti uguali?
Una breve guida per comprendere perché è meglio preferire la qualità alla quantità di un capitale.
Il denaro è la benzina delle startup, la linfa vitale di qualsiasi sforzo imprenditoriale. Che si tratti di iniziare, di passare alle fasi successive o di espandersi a livello internazionale, l’impresa ha sempre bisogno di capitale. Ma quando ci si trova in fase di fundraising, i capitali (e con essi i rispettivi investitori) sono tutti uguali?
La risposta è ovviamente no.
La raccolta di capitali, infatti, deve essere orientata ai cosiddetti “smart money”.
SMART MONEY VS DUMB MONEY
La ricerca di liquidità non può prescindere da un’analisi accurata degli investitori disposti a finanziarci.
Se è vero che il tempo è denaro in una startup, è anche vero che la spasmodica raccolta di capitali rapidi può rivelare una miopia di fondo, derivante dalla mancata consapevolezza della differenza tra money e smart money.
La terminologia smart money si riferisce a quei capitali provenienti da coloro che possiedono una conoscenza profonda e completa del mercato, o comunque informazioni, risorse e network a cui un investitore non è detto che abbia accesso. È ancor più facile comprenderne il significato quando vengono contrapposti ai cosiddetti dumb money, ossia quei capitali posseduti da investitori dilettanti o inesperti nel verticale di riferimento, che dimostrano una mancanza di conoscenza e competenza da trasmettere.
Attratti dalla possibilità di ricevere grandi somme, alcuni founder potrebbero non essere consapevoli del fatto che la quantità del capitale non necessariamente ne garantisce la qualità. In altri termini, l’investitore migliore non coincide obbligatoriamente con chi è disposto a fornirci più risorse finanziarie.
i vantaggi degli smart money
Come affermò Benjamin Franklin,
“An investment in knowledge pays the highest interest.“
in riferimento al fatto che la conoscenza è, tra tutti, l’investimento più profittevole. Questo implica che, a parità (o anche disparità!) di somma investita, è l’investitore che dispone di maggiore conoscenza, esperienza, risorse o network, il candidato ideale per la nostra startup. Si tratta, infatti, di una figura in grado di stanziare non solo la pura liquidità, bensì un capitale, come si suol dire, “intelligente” (da qui “smart money”), poiché integrato di ricchezze aggiuntive che, seppur intangibili, possono fare la differenza in termini di risultati. Significa, cioè, raccogliere liquidità e al contempo aumentare le probabilità di successo del progetto.
Oltre al finanziamento, gli smart money possono offrire competenza, derivante da un’approfondita conoscenza del settore ed esperienze consolidate nel verticale di riferimento. Ciò significa, ad esempio, essere in grado di supportare i founder in occasione di momenti critici quali ristrutturazioni o pivoting, o guidare una leadership che, specie agli inizi, può apparire debole. Al contempo, sostenendo l’impresa, l’investitore può promuoverla con il suo network, fornendo ai founder una via d’accesso privilegiata verso nuovi potenziali clienti, talenti o persino ulteriori investimenti. A ciò si aggiunge, inoltre, la rapidità di chiusura dei deal, conclusi molto più velocemente rispetto a quelli negoziati con un comune investitore. Il rallentamento, infatti, deriva in buona parte dai tempi necessari per informarlo, istruirlo e guidarlo nella comprensione del profilo di rischio dell’impresa.
gli smart money dei vc
Tra gli investitori di maggior livello spiccano i VC, sull’operato e l’influenza dei quali, tuttavia, esistono due scuole di pensiero. I critici ritengono che i VC più noti debbano il loro successo alla loro posizione nel mercato, che gli consente di accedere ai migliori investimenti, ritenendo perciò che la loro influenza non sia così rilevante. Per tali ragioni, si può sentir parlare dei VC come dei capitalisti-avvoltoi, che depredano gli imprenditori grazie ai loro ingenti finanziamenti, che però in cambio non apportano il valore aggiunto promesso. Al contrario, i sostenitori riconducono al successo dei VC la loro expertise. Ma qual è la verità? Gli smart money dei VC sono davvero smart o dipendono solo dalla posizione che i VC ricoprono nel mercato?
A rispondere ci ha pensato lo studio “How Smart is Smart Money? An Empirical Two-Sided Matching Model of Venture Capital” di Morten Sørensen, professore della Graduate School of Business dell’Università di Chicago, in cui si cerca di quantificare l’influenza dei VC sugli investimenti che compiono. La ricerca giunge alla conclusione che se è vero che investitori più esperti effettuano investimenti di maggior successo, ciò è il risultato sia della loro influenza che della loro posizione nel mercato, che gli permette cioè di accedere ai migliori investimenti.
Una verità che sta nel mezzo, ma che ci permette comunque di comprendere la sostanziale efficacia degli smart money. E questo è uno dei motivi per cui ad oggi si sceglie sempre più di essere affiancati nel proprio percorso dai Venture Builder, realtà che costruiscono e gestiscono da zero startup digitali, a partire dall’idea e la sua validazione fino ad arrivare ad una veloce ed efficace execution del progetto, gestendo il rischio e mantenendo la piena efficienza del capitale.
Perciò:
Ask for money, get advice. Ask for advice, get money twice.
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